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23. Farsi ingannare dal trompe l’oeil più ingegnoso in Santa Maria presso San Satiro

La Chiesa si Santa Maria presso San Satiro simboleggia un genere di bellezza tipicamente milanese: circoscritta, segreta. La facciata della chiesa si trova infatti all’inizio di via Torino, in una traversa a sinistra che se non ci fai caso quasi nemmeno lo noti che li c’è una chiesa.

Un cancello, un piccolo cortile in pietra; la facciata è austera, frutto di un intervento tardo-ottocentesco che andò a completare il progetto, rimasto interrotto, di Giovanni Antonio Amadeo, architetto apprezzatissimo a quell’epoca, già operativo al cantiere del Duomo di Milano e alla Certosa di Pavia. La facciata definitiva della chiesa fu infatti realizzata nel 1871 da Giuseppe Vandoni che la concepì in forme neorinascimentali.

Ci troviamo di fronte a una perla di Donato Bramante, la chiesa fu infatti costruita tra il 1476 e il 1482 per custodire un’icona miracolosa. Il committente fu il duca Gian Galeazzo Sforza; per alcuni studiosi il progettista fu proprio il giovane pittore marchigiano da poco trasferitosi prima a Bergamo e quindi a Milano, dove da li a dieci anni, sempre a Milano, lavorerà a un gioiello di bellezza universalmente riconosciuta: Santa Maria delle Grazie.

Il sacello si San Satiro e la Vergine pugnalata

La chiesa fu costruita sulla preesistente San Satiro (da cui deriva il nome), costruita nel IX sec., si dice sia stato stato fatto costruire dall’arcivescovo Ansperto già prima dell’879 e fu dedicato per l’appunto a San Satiro, fratello di Sant’Ambrogio. Le cronache o la leggenda narrano che nel 1242 un tale Massazio da Vigolzone, uno dei tanti soggetti poco raccomandabili, che frequentavano abitualmente le locande della zona, una sera dopo aver perso al gioco tutti i suoi averi ed essersi ubriacato si trovò a passare proprio nei pressi del sacello di San Satiro sul cui muro esterno c’era un affresco della Vergine col Bambino, preso dallo sconforto per la perdita e dai fumi dell’alcol prese ad accoltellare l’affresco, sorprendentemente dal muro uscì un rivolo di sangue, Massazio restò impietrito, sbiancò totalmente e una sorta di paralisi lo bloccò a terra. Molte persone accorsero per assistere incredule al miracolo del sangue che continuava a sgorgare dal muro.

La storia del miracolo del sangue sgorgato dall’affresco della Vergine con Bambino, giunse all’orecchio del duca Gian Galeazzo Sforza e di sua madre Bona di Savoia. La cosa lo colpì al punto, da commissionare ad un architetto di talento, il Bramante, appunto, la costruzione di una chiesa in quello stesso posto, per custodirvi all’interno l’affresco ‘ferito’ in modo che non si rovinasse con le intemperie.

Un capolavoro del Bramante

Le sorprese e i misteri della chiesa non finiscono qui. Entrando vi troverete nel corpo centrale della chiesa. Guardate di fronte a voi, vi trovate in una classica chiesa a tre navate a croce latina con un coro dietro l’altare e una splendida volta a botte. O forse no? Avvicinatevi lentamente, avanzate tra le sedie. Notate niente di strano? Sembra tutto in regola. A questo punto spostatevi di lato e avvicinatevi all’altare, ebbene si Bramante vi ha ingannati, dietro l’altare non ci sono 9,7 m ma bensì 97 centimetri.

Santa Maria non è una chiesa a croce latina ma bensì una chiesa a croce commissa, mancava infatti lo spazio per costruire l’abside perché la via Falcone lungo la quale egli aveva innalzato la parete di fondo del tempio non gli permetteva di costruirne una realmente. Ideò quindi questa prospettiva che suggerisce uno spazio profondo dietro l’altare e che egli non pensò certo come elemento ingegnoso e neppur nuovo, a sé stante, ma come esigenza della spazialità architettonica dell’edificio.

Alla sinistra dell’altare è possibile accedere al sacello di San Satiro, chiamato anche cappella di Pietà, si tratta di quello che resta della preesistete San Satiro dopo gli interventi rinascimentali. Oggi presenta una struttura con pianta a cella tricora sovrapposta ad un quadrato con colonne perimetrali.

All’interno, in una nicchia sopra l’altare principale, fa mostra di sé il Compianto sul Cristo morto. Un gruppo formato da quattordici figure plasmate a tuttotondo: il Cristo deposto attorniato da alcuni personaggi, come la Vergine, Maria di Cleofa, Nicodemo, Giuseppe d’Arimatea, l’apostolo Giovanni e Maria Maddalena, più altre sette figure non identificabili che concorrono a rendere la scena maggiormente teatrale e accorata.

Il Compianto sul Cristo morto fu portato a termine da Agostino de Fondulis nel 1483, L’opera di de Fondulis s’innesta su una tradizione tutta lombarda che, dalla seconda metà del Quattrocento in avanti, vede il diffondersi e lo svilupparsi di una larga produzione di gruppi scultorei, in terracotta o in legno.

Prima di uscire non dimenticatevi di visitare la sacrestia, sempre bramantesca, a pianta ottagonale derivata sullo stile dei battisteri romanici. Nella parte inferiore ci sono nicchie piatte e concave alternate inframezzate da lesene angolari decorate che terminano sul fregio in cui sono inserite le ricche decorazione di Putti e Teste in terracotta sempre di Agostino de Fondulis. L’ordine superiore prevede un ambulacro composto da bifore separate dalla prosecuzione delle lesene di cui riprendono i motivi decorativi.

Bibliografia:

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