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Abbazia di Casoretto (#6)

La Chiesa di Santa Maria Bianca della Misericordia, conosciuta da tutti come “Abbazia di Casoretto“, durante il Quattrocento fu un importante sede della congregazione dei canonici regolari Lateranensi. La costruzione di questa basilica cominciò nel 1470, per volere del ricco mercante, possidente e nobile Pietro Tanzi. Opera di un architetto ignoto che le conferì le caratteristiche tipiche della cultura rinascimentale.

Sembrerebbe che alla struttura della chiesa abbia messo mano anche Giuniforte Solari lo stesso che lavorò in Santa Maria delle Grazie, a cui sarebbero attribuiti il tetto a capanna della facciata e i contrafforti intercalati da finestre sui lati.

La facciata, in mattoni, è preceduta da un selciato in rizzada, che raffigura la rosa dei venti . Alla sua sinistra si trova il chiostro mentre sulla destra, leggermente arretrato, è visibile il campanile.

Interno della chiesa

All’interno l’Abbazia di Casoretto è attualmente a tre navate, come era stata progettata originariamente. Nel XVI secolo le navate laterali erano state invece trasformate in cappelle. Dello stesso periodo è la trasformazione del transetto in tiburio, mentre le volte a crociera della navata maggiore erano state sostituite con una volta a botte (quest’ultima rimasta anche dopo il successivo ripristino).


L’affresco della Madonna Bianca

Nella parte sinistra del transetto si trova un affresco raffigurante la Vergine Bianca della Misericordia di Casoretto, attribuita ad un giovane Pisanello.

L’affresco è ubicato dal 1959 presso la cappella della Madonna Bianca della Misericordia, in seguito ai lavori di sistemazione della chiesa condotti dall’architetto Ugo Zanchetta. Precedentemente, il dipinto murale era collocato presso la quarta cappella a destra.

La scena raffigurata è molto semplice: la Vergine, vestita di un abito bianco bordato d’oro, i capelli lunghi e biondi sciolti sulle spalle e le mani incrociate sul petto, flette leggermente un ginocchio in atto di adorare il bambino nudo, disteso sull’erba. Due cartigli riportano la seguente iscrizione: “ECCE MARIA GENVIT / NOBIS SALVATOREM” (“Ecco Maria partorì per noi il Salvatore”).


Il Trittico della Resurrezione

Nel secondo arco a destra si trova il trittico attribuito al Bergognone (o al suo allievo Ambrogio Bevilacqua), raffigurante la Resurrezione di Cristo, tra Giovanni Battista e Giovanni Evangelista. Sono presenti anche i ritratti dei coniugi Melzi, qui sepolti.

Nell’opera lo scomparto centrale raffigura il Cristo risorto, ritto sul sarcofago presentato in forte scorcio, la mano destra alzata in segno di vittoria, quella sinistra sorreggente un vessillo, rivestito di una veste bianchissima, bordata d’oro; in primo piano due soldati addormentati, sullo sfondo a destra un paesaggio roccioso, a sinistra collinare. La figura dello scomparto sinistro, il S. Giovanni Battista, vestito di pelli e sorreggente l’agnello, suo attributo iconografico, tocca con la mano destra in segno di protezione la figura del committente, abbigliato con una preziosa veste in damasco di colore rosso.

Analogo il gesto del secondo santo, il S. Giovanni Evangelista che tiene sotto la propria protezione la figura di Brigida Tanzi, pure vestita secondo la moda del tempo e dalla testa avvolta dall’infula, una cuffia bianca liscia adorna di veli. Sullo sfondo, nei due scomparti laterali, al di là di un parapetto in marmo rosa è dipinto un cielo levigato d’azzurro, elemento unificante di tutte le tavole del polittico. Il Padre Eterno della cimasa, con il busto scorciato, incombe sulla scena sottostante.

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