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ex Cartiere Binda (#674)

Le Origini delle Cartiere Binda: Una Storia di Innovazione e Resilienza

La storia delle Cartiere Binda inizia con Ambrogio Binda, nato nel 1811 a Milano, esempio di determinazione e ingegno industriale. Rimasto orfano in tenera età, fu affidato a uno zio farmacista a Gallarate che lo riportò però a Milano già a sette anni per lavorare in una fabbrica di passamaneria. Dopo undici anni di lavoro, grazie a un’attenta gestione dei propri risparmi, nel 1829 riuscì a mettere in piedi un proprio laboratorio con due telai. Da piccolo artigiano, Ambrogio costruì la propria fortuna rifornendo le botteghe milanesi di pezze per bottoni, dimostrando fin da subito un talento per l’imprenditoria.

L’espansione dei suoi affari lo portò a trasferirsi prima in Borgo San Celso, oggi Corso Italia, e poi in un grande edificio in Corso di Porta Romana, dove, arrivato a impiegare 600 operai, decise di produrre bottoni in metallo e ottone dorato, solitamente importati dalla Francia e dalla Prussia. Nonostante il rischio di bancarotta dovuto ai moti rivoluzionari del 1848-49, Ambrogio riuscì a salvare l’azienda e, nel 1855, grazie al capitale accumulato, si lanciò in una nuova avventura: la produzione di carta.

Scelse una posizione strategica per la nuova cartiera, situata lungo il Naviglio Pavese nei pressi della Conca Fallata, dove il salto d’acqua gli permise di installare due centrali idroelettriche che avrebbero alimentato la fabbrica. Dal 1859, con oltre 1.200 operai, l’azienda divenne una delle più grandi e innovative dell’epoca, producendo carta di qualità esportata in Europa, USA, India e Australia. Grazie al costo ridotto della carta di cellulosa e alla facilità di trasporto garantita dal naviglio, la cartiera Binda trasformò Milano in un centro di produzione e distribuzione per la carta, rendendola disponibile per la crescente stampa giornalistica in Europa e portando anche benefici sociali, con alloggi, scuole e servizi per gli operai.


Il Villaggio Operaio: Un Modello di Capitalismo Illuminato

Ambrogio Binda non si limitò a creare un grande polo industriale; dedicò infatti molta attenzione alle condizioni di vita dei suoi operai, costruendo uno dei primi esempi di villaggio operaio in Italia. Dato che molti dei suoi dipendenti vivevano lontano da Milano, Binda decise di investire nel benessere della forza lavoro e delle loro famiglie costruendo nei pressi della cartiera un vero e proprio quartiere con residenze, scuole, spacci alimentari, negozi, osterie e persino un teatro. A questo si aggiungeva un asilo per i figli degli operai, offrendo un supporto alle famiglie e promuovendo così un ambiente lavorativo stabile e prospero.

Questo modello di capitalismo illuminato anticipò altre iniziative simili, come quella del villaggio Crespi d’Adda, vent’anni dopo. Binda credeva fermamente che un ambiente di lavoro salubre e una comunità coesa potessero migliorare la produttività e la qualità della vita dei lavoratori. Grazie a queste strutture, la cartiera divenne non solo un luogo di produzione, ma un centro di vita e socialità per i dipendenti, ponendo le basi per uno sviluppo urbano e sociale che avrebbe lasciato un segno duraturo nella storia industriale milanese.


Dalle Cartiere al Quartiere: Un Ambizioso Progetto di Riqualificazione

Alla fine degli anni ‘90, le Cartiere Binda chiusero i battenti, lasciando spazio a una nuova fase: quella della riqualificazione. Il progetto di trasformazione, iniziato nel 2003, prevedeva la creazione di un quartiere residenziale moderno. A guida degli architetti Andrea Balzani, Amedeo Barbieri e Andrea De Maio, si decise di restaurare e conservare alcuni edifici storici per mantenere vivo il legame con la tradizione industriale della zona, mentre nuove costruzioni accolsero appartamenti, negozi e laboratori. Alla conclusione dei lavori, nel 2010, il quartiere avrebbe offerto circa 1.000 nuovi appartamenti, diventando un esempio di recupero urbano rispettoso della storia locale.


La Conca Fallata: Testimone del Tempo e Simbolo di Innovazione Idraulica

La Conca Fallata, con i suoi 4,80 metri di salto, rappresenta una delle opere ingegneristiche più significative lungo il Naviglio Pavese. Ideata per agevolare il traffico fluviale e sfruttata in seguito dalle Cartiere Binda come fonte idroelettrica, la Conca porta con sé una storia complessa e affascinante. Il suo nome, evocativo di un’impresa ardua, sottolinea anche le difficoltà incontrate nella costruzione e gestione del sistema dei Navigli.

La Conca Fallata è strettamente legata alla costruzione del Naviglio Pavese, un progetto iniziato nel 1500 su volontà del governo spagnolo per collegare Milano al Ticino attraverso Pavia. Dopo numerosi ritardi, tra cui la morte del re Filippo II e dell’ingegnere Meda incaricato del progetto, i lavori ripresero sotto il governatore di Milano, il conte di Fuentes. Fu lui a celebrare il completamento della seconda conca con un monumento, il Trofeo, che commemorava i progressi dell’opera, anche se solo due miglia di canale vennero effettivamente completate. Con la sospensione dei lavori per mancanza di fondi, il progetto rimase incompiuto per quasi un secolo, diventando per i milanesi un simbolo di spreco e cattiva gestione spagnola, da cui deriva il nome “Conca Fallata”. Soltanto con Napoleone il progetto venne ripreso, e il Naviglio Pavese fu finalmente completato e inaugurato nel 1819.

Riferimenti esterni:

https://naviglireloading.eu/curiosita/le-cartiere-binda/

https://www.assipartners.com/news/cartiere-binda-la-tenacia-dietro-sogno/

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